La conversazione si sviluppa sulla base dell’interrogativo: Che cosa è l’io? Micla Petrelli, appoggiandosi a Pessoa, sostiene: “l’io non ha nulla di unitario e coeso”, con Simmel osserva come l’attenzione degli altri, “può venir sostituita dalla scissione di noi stessi in: un Io parziale che osserva e un io che viene osservato”. Inevitabilmente la domanda in merito al cosa è l’io si tramuta in cosa è la ‘scrittura’ che cerca di dire l’io. Come non notare che la lingua ci parla, una lingua incorpora un ordine del mondo. Come facciamo dunque a dire che l’io possa essere detto? Il Novecento, l’arte del Novecento, ha reso esplicito che l’identità dell’individuo della modernità è un processo, “un peregrinare – scrive Micla Petrelli nel suo ‘Il progetto che è l’io’ (Mimesi, 2013) – tra luoghi, lingue, dimensioni espressive, che non conosce mai approdo certo e definitivo”.